“Contempla un orizzonte messianico, nell’attesa di una nuova età dell’oro in cui amore e generosità di spirito trionferanno, l’arte solare e sintetica di Vittoria Palazzolo, nella quale ritratti ideali di artiste celebri, paladine di una liberazione espressiva non certo meno importante di quella civile, si alternano senza contraddizione a studi di nudo e di figura, sempre al femminile, ancora più condensati nell’essenzialità del tratto e nell’esuberanza informale del colore, preludi alla produzione totalmente astratta, la più libera e ispirata, con richiami a Klee, Frankenthaler, Wols.”
“Palazzolo, pittrice di grande talento, possiamo condurre dunque, negli spazi suggestivi del Palazzo di Vespasiano, un viaggio in una pittura svolta sul crinale di un raffinato espressionismo astratto, non esente da accenni incisivi e formali, con cui la pittrice riesce a far emergere emozioni e sentimenti dell’animo. Elemento caratteristico della sua pittura è infatti il movimento nella dinamica dei flussi cromatici e nella descrizione di cosmi che vibrano e pulsano nella circolarità armonica e nelle poetiche luci dell’infinito. Riteniamo che tutti i visitatori resteranno positivamente coinvolti e intimamente sbalorditi dalla forte carica espressiva dei suo colori tra cui dominavano il rosso e il blu, trattati con tale intensità da apparire fluidi organici. E molti si troveranno di fronte alla scoperta di emozioni che si materializzano, nella fisicità della pittura, per svelare l’agitazione del sangue e la tempesta dei sentimenti. Si può dunque considerare questa antologica un’occasione di interesse particolarissimo, in cui, tra la scoperta di opere note e di altre mai viste prima, si può comprendere ed esplorare, nelle più diverse e originali angolazioni, il complesso rapporto tra l’artista e il suo sentire, nell’intensità delle sue riflessioni personali e culturali. E che cos’è tutto questo se non energia e nutrimento per l’anima.”
“Solo l’arte ha il potere di far uscire la sofferenza dall’abisso”, mi voglio permettere di partire da queste parole dello scrittore Israeliano Aharon Appelfeld, sopravissuto bambino al Lager nazista, per la presentazione di questa personale, mostra delle ultime opere di Vittoria Palazzolo.
Sono parole che la psicoanalisi condivide. Essa ritiene, infatti, che l’esigenza espressiva dell’artista nasca dal bisogno di sanare una discontinuità affettiva, rammendare un filo spezzato, mappare un vuoto, elaborare un lutto, placare un dolore, riparare la propria interiorità deturpata dalla perdita. Un lavoro che come direbbe il cantautore Ivano Fossati “mescola il sangue con il sudore”. Fu una percezione di “assalto ai sensi” quella che provai la prima volta che vidi le opere astratte di Vittoria Palazzolo, quasi una decina di anni .fa. Confesso che rimasi intimamente turbato dalla forte carica espressiva dei colori tra cui dominavano il rosso e il blu trattati con tale intensità da apparire fluidi organici.
Era come se le emozioni rappresentate si materializzassero e diventassero fisiche svelando l’agitazione del sangue e la tempesta dei sentimenti. Viveva in quei giorni, l’artista, l’afflizione di un lutto recente e fondamentale, la perdita della madre, e quei segni così energici e quasi violenti erano traccia di una lotta per non soccombere . Una dichiarazione di guerra alla morte., non solo quella fisica ma quella più profonda dello spirito, quella che annienta fiducia e speranza.
E’ proprio quella manifestazione di vita dichiarata e anche gridata dalla densità del segno e del colore a permettere all’artista che non si generi il vuoto, incolmabile e infinito dove il Sé può sprofondare nella malinconia, ma al contrario generare uno spazio di assenza “metaforica” che stimola la funzione della memoria, della temporizzazione e della simbolizzazione,, ovvero gli elementi della creatività. Questa capacità di sopportare il dolore e di attivare risorse tese alla ricostruzione del legame perduto, trasfigurandolo in esperienza artistica, la potei verificare nel lavoro di Vittoria qualche mese più tardi, andandole a far visita nel suo atelier. Il blu e in particolare il rosso, colore emblema della pittrice, ancora predominavano ma con l’acquisizione di maggior morbidezza, fluidità e ricchezza timbrica, pur senza perdita della potenza specifica all’artista, Indice d riapertura e ritorno a tutta la gamma di sensazioni e sentimenti dell’anima.
Ciò che però maggiormente stupiva e colpiva era la presenza del nero. Ma non un nero sudario,. Bensì un nero palpitante di luce e di mistero. Il tessuto che avvolge il segreto della femminilità stessa. Per usare i versi di Pablo Neruda “ ti sei messa una nuova veste di semente profonda e t’addentri nei sotterranei del mondo “. Semente fertile e feconda che genera pianeti, astri, galassie di una nuova dimensione espressiva e psicologica, impreziosita dal colore oro. In quello spazio fluttuavano strutture geometriche pregne di corposi contenuti cromatici e alcune di quelle tipiche conformazioni a spermatozoo che assumeranno sempre più carattere distintivo nei lavori dell’autrice. Elementi simbolici di un’ispirazione tesa al divenire e all’evolversi. Notai quel giorno tra i quadri che riempivano ogni angolo dello studio, quello di una marina. Un lavoro figurativo, semplice e dolce, completamente diverso dagli altri.
Era, mi disse Vittoria, un quadro dipinto da sua madre poco prima di morire. In quel mare, in quelle barche di pescatori erano rappresentate le memorie buone e vive: il processo di rigenerazione interiore dell’oggetto d’amore perduto Il lutto riesce quando il dolore della mancanza non viene respinto, ma vissuto come esperienza. L’artista che resiste alla sua angoscia di perdita, viene ripagato con l’allargamento della propria vita immaginativa, la trascendenza e l’esperienza estetica.. In tre parole :Il miracolo della creazione artistica. L’impulso rigenerativo e ricreativo avrebbe colmato di radici il corpo dell’artista, rendendola madre nella sua vita privata,e nelle sue opere.. Il silenzioso nero, gravido di simbologie astratte, prendeva a partorire sensoriali figure femminili dalle quali emanava il fascino di un arcano mistero. Tutti i sensi sembrava partecipassero a quella nuova dimensione artistica.
Un festival di linguaggi e tecniche di lavoro intermodale che intrecciava le varie arti. La musica innanzitutto. L’occhio, l’orecchio, la pelle rivolti al ritmo segreto dei sentimenti, trasformato, in danza, in poesia, in immagine dal movimento del pennello e dai fendenti di cacciavite sulla tela . Ritmo quale essenza stessa del manifestarsi delle forme e del loro incessante aggregarsi svilupparsi e scomporsi. Non siamo distanti dalle più avanzate scoperte della genetica sulla relazione tra suono, ritmicità e sviluppo in epoca prenatale. Scriveva Northrop Frye, il più illustre critico letterario del secolo scorso che il ritmo costituisce il principio organizzatore dell’arte. Sia esso quello temporale della musica e della poesia o quello spaziale della pittura. Questa feconda evoluzione prosegue fino ad oggi e continua a offrire nuova linfa all’ispirazione e alla ricerca estetica di Vittoria Palazzolo.
Come scrive Danila Tassinari “ogni nuovo lavoro condensa tutti i momenti nella vita dell’autrice, siano essi di dolore, di gioia, di cronaca o di vita privata”, però sempre aggiungendo nuove prospettive nuovi orizzonti immaginativi. Programmatico al riguardo, è l’intenso autoritratto presente in questa mostra che esprime quel che l’artista era, è, e potrebbe diventare. Siamo giunti così all’epilogo di questa presentazione. Lascio a voi la libertà di trarre godimento dalle opere esposte, senza influenzarvi con le mie immagini. Dirò solamente che le vedo come un percorso che si conclude con il quadro intitolato “Il Portale “ Una nuova porta da aprire e varcare. Forse è il modo in cui l’artista cerca di suggerirci che solo quando l’incertezza del futuro viene accolta e accettata, diventiamo liberi di aprirci al dono di nuove scoperte interiori.”
“Attraverso i suoi lavori pittorici la Palazzolo invita lo spettatore all’interno di un viaggio di scoperta e di ricerca, che si rivolge al comparto della dimensione esistenziale, soffermandosi e indagando sul mondo e sull’universo femminile, sensuale, seducente, misterioso, impresso sulle labbra, sulla pelle e nello sguardo di ogni donna”.
Inoltre, ha evidenziato “La pittrice, mediante l’atto della creazione, compie un viaggio nell’inconscio, costellato di desideri, speranze, di esperienze di vita e di realtà ancora soltanto sognate, di riflessi e di echi di un mondo tangibile e di ciò che vi trova -oltre- ed è ancora inespresso e non manifesto. Un viaggio, che chiama direttamente a partecipare il fruitore, giocando e individuando a comprendere ciò che di esso lo coinvolge, ponendolo di fronte ai suoi stessi desideri e alla misura dei suoi sogni più nascosti”.